Succede di leggere in alcuni giornali di quei programmi televisivi in cui si possono vincere soldi senza alcun merito se non la fortuna, che non è un merito dovuto ad abilità, ma al caso. A volte è solo gossip, altre volte invece riportano come candidarsi, i requisiti richiesti per partecipare, come un'offerta di lavoro qualsiasi. Bisogna tuttavia dire che non si tratta di offerte di lavoro, anzi, non si tratta proprio di offerte. Dietro ogni offerta si cela il dramma e l'ebbrezza.
Walter Benjamin, filosofo, scrittore e critico letterario tedesco — morto nel 1940 e il cui lascito intellettuale ha permesso una chiave di accesso al nostro contemporaneo — sosteneva che il giocare d'azzardo, cioè tentare la sorte all'unico scopo di aggiudicarsi somme di denaro, si modella sul sempre-uguale, sulla ripetizione, come un operaio automa di fronte alla macchina, in questo sì come il lavoro.
Tra i numerosi temi da lui affrontati, il principale è la critica alla modernità capitalistica, che trova espressione letteraria nell’opera del maggior poeta della «Parigi capitale del secolo XIX», ossia Charles Baudelaire (1821-1867). Un libro che offre l'immagine più articolata del pensiero di Benjamin in proposito è Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell'età del capitalismo avanzato.
Benjamin sceglie il vate francese non tanto o non solo per la sua estetica decadente, quanto perché nei suoi testi — soprattutto nei poemetti in prosa, Le spleen de Paris —ravvisa unicità di sguardo nei confronti di chi viveva ai margini della società. Facendo per la prima volta della folla urbana un soggetto poetico, egli rappresenta le contraddizioni della vita metropolitana e per Benjamin è così che l'artista ha percepito la “Ville Lumière”. Gesti, ripetizioni, azioni, in un vortice che travolge il flâneur, colui che si ritrova immerso nella città, come in un sogno a occhi aperti. Questo choc diventa un nuovo modo di fare esperienza del moderno, completamente diverso dal precedente.
Nell'esortazione all'ebbrezza di Baudelaire contenuta nel noto passo: «Bisogna essere sempre ubriachi. Tutto sta in questo: è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza le spalle e vi piega verso terra, ubriacatevi senza tregua! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare» Benjamin vi legge così una ribellione implicita verso il tempo meccanizzato del lavoro.
Forse è questo: nel tentare la sorte si nasconde una ribellione contro il tempo.
Walter Benjamin nel 1928 (fonte immagine: Wikipedia)

