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30 marzo 2025

La scrittura come un coltello, di Annie Ernaux (su Solo Libri)

La scrittura come un coltello, di Annie Ernaux. Premio Nobel per la letteratura nel 2022. Ne parlo su Solo Libri.

Link all'articolo La scrittura come un coltello



Annie Ernaux (fonte, Getty images)  

24 marzo 2025

Scrivere è un atto politico

Si scrive per essere letti da un pubblico, ho letto. 

Certo, certamente. Innegabile. 

Si scrive però anche se non si viene letti, altrimenti vorrebbe dire che ci si mette al tavolino solo e soltanto se sai che verrai letto da "un pubblico". Scrivere é un atto politico, ma questo l'ho già detto, proprio qui. Che non è politica, beninteso di nuovo, perché la politica ha bisogno di sostenitori. L'atto politico invece esiste lo stesso, è più forte di tutto e tutti. 

Se fosse uno solo che poi ci legge, che sia un revisore o un amico o uno sconosciuto, a nessuno verrebbe mai in mente di dire che un revisore, un nostro amico, e pure lo sconosciuto non valgono perché sono pochi. Mai e poi mai. Intanto hanno letto. Sono i primi lettori. Benché probabile rimangano gli unici. 

Che scrivere è un atto politico non lo dice la presente sottoscritta. Io lo penso e lo scrivo, è vero, e poco ho fatto. Questo blog è letto da pochissimi, ma non per questo non ci scrivo. Lo sostiene molto meglio e molto prima di me Annie Ernaux, che con la sua scrittura come atto politico ha vinto il Nobel o Cesare Pavese, al quale è dedicato il nome di questo blog, che ha dato la vita per la scrittura come atto politico. 

In caso contrario non avrebbero nemmeno cominciato, e in seguito proseguito, entrambi e altri, e non credo avessero in mente, almeno all'inizio, il numero dei loro lettori. 




26 dicembre 2024

Leggere per scrivere

Anche quest'anno il mio leggere è stato in prevalenza per scrivere. Ovvero, non per farmi trascinare esclusivamente dalla storia, bensì per ragionare su stile, trama, punti di vista, punteggiature e quali punteggiature e quante, quanti avverbi, quanti aggettivi, poetica dell'autore o autrice (parlo dei grandi del passato, più o meno recente) cosa vuole dirmi, perché vuole dirmelo, che libri leggeva, a chi si ispirava, in che periodo viveva, che studi ha compiuto, che lavoro ha svolto, che vita ha condotto, chi erano i genitori, fortuna o sfortuna nei sentimenti, problemi di salute, eccetera, eccetera. Non per un giudizio morale o etico, o peggio, moralistico,  ma proprio e solamente per conoscere, capire da dove (più che dove, direi quando e perché, da dove è il giusto mistero dell'arte. Il come, forse il più importante di tutti) quella determinata creazione artistica è venuta, e imparare. Conscia che i grandi del passato, più o meno recente, stanno lì a guardare e a guardarci, e chissà con quale reazione. A loro, e solo a loro, è necessario rimanere attaccati se non si vuole finire col cervello ammorbato dall'insulsaggine imperante. Conoscerli, imitarli, copiarli - anche copiando s'impara - e soprattutto leggerli. 

Questo discorso, oltretutto, non significa affatto che siano state, le mie, delle letture cosiddette  professionali, perché non sono né un critico letterario né un docente di scrittura o un editor. A me interessa scrivere, quando e se ho qualcosa da dire di possibilmente interessante o bello o, perché no, utile, nel senso di non inutile, e leggere con attenzione. Difficile tornare indietro. La pubblicazione, quella col timbro "visto si stampi", appartiene invece a un'altra dimensione, direi, spazio-temporale. 

Ovviamente non c'è nulla di male a leggere per un personale piacere, è il bello della lettura, e nemmeno a scrivere con intenti commerciali, per così dire. Ognuno fa le sue scelte e ha i suoi obiettivi. 

A nuove letture. 

A nuove scritture. 

A nuovi piaceri. 


19 dicembre 2024

Citazioni


Julio Cortázar (foto gettyimagines) 


Siamo sull'orlo della catastrofe, delle bombe atomiche, e il libro mi sembra solo una delle armi (estetica o politica o entrambe, ciascuno deve poter fare quel che vuole, basta che lo faccia bene) che ancora può difenderci dall'autogenocidio universale. Mi fa ridere che un romanziere si faccia venire l'ulcera perché il suo libro non è abbastanza famoso e si metta a organizzare «eventi» di autopromozione per non farsi dimenticare da editori e critici. Di fronte a quel che ci fanno vedere le prime pagine dei giornali ogni giorno, non sembrano ridicoli questi spasmodici attacchi d'ansia? Uno scrittore vero è quello che tende l'arco al massimo mentre scrive, e poi lo appende a un chiodo e se ne va a bere vino con gli amici. La freccia sarà già partita e raggiungerà o non raggiungerà il bersaglio, solo gli imbecilli pretenderanno di modificarne la traiettoria, o correrle dietro per aiutarla con opportune spinte mirate all'immortalità e alle edizioni internazionali. 

Julio Cortázar, 1969



13 novembre 2024

"Un libro che divorerei" di Giuseppe Pontiggia (su Solibri)

Su Solo libri ho parlato della critica come genere letterario a partire dal libro che riunisce una selezione di pareri editoriali di Giuseppe Pontiggia, Un libro che divorerei , a cura di Daniela Marcheschi.


Link all'articolo: Un libro che divorerei





Giuseppe Pontiggia, foto dal web.








16 agosto 2024

Dentro la scrittura di Stephen King

                               


"On writing", sottotitolo "Autobiografia di un mestiere", di Stephen King, pubblicato in America per la prima volta nel 2000 e l'anno successivo in Italia, con Sperling & Kupfer, tradotto da Tullio Dobner, non avrebbe bisogno di presentazioni talmente è noto o di ulteriori recensioni talmente ne sono state fatte. Eppure, se ne parla ancora. Perché certi libri rimangono, mentre altri si dimenticano. Chi pratica la scrittura, a qualunque titolo, dovrebbe leggerlo e ri-leggerlo. 
Non si tratta di un vero e proprio manuale di scrittura creativa, ma può essere usato come tale. È piuttosto la vita di chi si è avvicinato alla lettura e alla scrittura per alleviare i dolori della vita stessa. O meglio, come dice l'autore, "per rendere l'esistenza un posto più piacevole". Le sofferenze, fisiche e morali, e le gioie raccontate a cuore aperto ai lettori, senza perdere un istante di lucidità e consapevolezza. Il privato a servizio del pubblico. 
Il suo processo creativo è avvenuto, almeno all'inizio, più per imitazione che per creazione vera e propria. Le letture fatte dal piccolo Stephen infatti hanno agito nel suo animo per poi trasfigurarsi sulla carta. Come questo sia avvenuto o avvenga è un Mistero, con la M maiuscola. Potrà essere un ossimoro, ma lo si può affermare con sufficiente certezza. D'altro canto, è il mistero dell'arte. O c'è o non c'è. 

La seconda parte del libro è meno intimista ma non per questo meno privata. King esplora il significato dello scrivere, cosa fare per non cadere in banalità o sciatteria e cosa e come leggere, ovvero "centellinando e non solo a lunghe sorsate" .
I consigli elargiti sono numerosi e pratici, dai dialoghi all'uso degli avverbi, e non solo. La regola, ora un mantra per molti, nonché la più semplice è, e resta, sempre la stessa: scrivere molto e leggere altrettanto. 
Le regole vanno imparate perché la scrittura ha le proprie e la grammatica è la prima fra queste, definita con una splendida metafora "il bastone al quale aggrapparvi per rimettere in piedi i vostri pensieri e farli camminare". 
Stephan-narratore sa bene cosa vuol dire avere padronanza delle proprie capacità e dei propri mezzi proprio per aver prima imparato le regole. Dopotutto, per sovvertirle nel modo giusto bisogna conoscerle. 

<<Il fulcro qui è: «Se non è certo di fare bene». Se non avete una conoscenza rudimentale di come le parti del discorso si fondano in frasi coerenti, come potete essere certi di fare bene? Come, se è per questo, stabilire che state facendo male? La risposta, naturalmente, è che non potete>>.

A colpire, in questa autobiografia che abbraccia diversi generi letterari (benché lui preferisca parlare, forse con una punta di ironia, di curriculum vitae) -  è la condivisione. Stephen King diventa noi e noi ci rivediamo in lui. Coloro che leggono, coloro che anche scrivono hanno la propria esperienza di studio e formazione alle spalle, questo è ovvio. Tuttavia, poiché entrambe sono attività solitarie e allo stesso tempo di comunicazione verso l'esterno - ed è sufficiente sperimentarlo in un gruppo di lettura o soltanto parlare a un amico di un libro che si è letto, a un altro quindi all'infuori di noi - ci ritroviamo in quanto King dice, anche se la nostra indole, il nostro vissuto, sono nei fatti diversi dal suo. Pur se, molto probabilmente, non saremo mai "un King". 

Il romanzo della vita non è in fondo una vita per il romanzo? 




Stephen King, foto tratta dl sito ufficiale dell'autore stephenking.com




10 ottobre 2022

Sullo scrivere

"Di quanto ho perduto, irrimediabilmente perduto,

desidero recuperare solo la disponibilità

quotidiana della mia scrittura, righe capaci di

prendermi per i capelli e tirarmi su quando il

mio corpo non vorrà più farcela".


Roberto Bolaño, "Anversa"


Scrittura come pratica quotidiana e necessaria, quindi, per Bolaño, grande autore cileno. Con parole forti esprime tutto il suo essere e il suo modo di intendere la scrittura che si fa vita anche quando essa sfuma.