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martedì 9 dicembre 2025

I tagli di Lucio Fontana e i nostri



La retorica natalizia, ovvero tutte quelle frasi fatte che veicolano stereotipi e non valori sul significato genuino del Natale, che ormai entra nel vivo sempre più in anticipo senza una ragione apparente se non quella di apparire, esige di festeggiare nel modo che tutti si aspettano che festeggiamo. Noi che abbiamo imparato da Ingeborg Bachmann a dubitare delle frasi fatte, le rifuggiamo quindi come la peste. 

Come dimenticare inoltre il fatidico periodo delle classifiche: di vendita di qualcosa, di qualità di qualcosa, di ciò che ci è piaciuto o non piaciuto, di quanto fatto, eccetera eccetera. Dobbiamo persino condividerlo; in caso contrario sembriamo o meglio, secondo le regole della visibilità, siamo appunto invisibili e irrilevanti. 
Le classifiche classificano, creano classi,  raggruppano, ma separano dal resto. D'altronde sta nell'etimologia della parola.

È il momento anche della politica che deve fare i conti innanzitutto con se stessa e con le voci di bilancio; ma si sa, i conti non tornano mai. Mentre la politica internazionale, almeno attualmente, sembra più una barca che ha perso la propria bussola: naviga a vista. 

Inboccare vie d'uscita al pensiero comune, pensare pensando, trovare alternative, in particolare quando i fatti prendono il sopravvento (e l'ultimo mese dell'anno vi rientra a pieno titolo) è un modo per, come si suol dire... darci un taglio. 

Il taglio è qualcosa di netto, radicale. Come ha dimostrato Fontana con i suoi quadri. È più che quadri sono gesti rivoluzionari. Non sfregi, ma affermazioni di spazio. Con il taglio egli afferma che la tela non è più il luogo dell'illusione pittorica. È un oggetto reale, che l'artista apre per mostrare che l'arte può andare oltre. Dunque, si aspetta e si va oltre. 

                                      ***

Immagine: Lucio Fontana, Attesa, 1960, idropittura su tela (fonte, Fondazione Lucio Fontana). 







sabato 22 novembre 2025

La fine del mondo e Leonor Fini


L'assoluto è relativo. 
Nulla è dato sapere se non 
dolore infranto 
ammantato di bianco, ossa e cenere.
Il silenzio si agita nella notte gelida
che non ha dimora. 
L'anima vibra, e ama ancora. 

***

Immagine: Leonor Fini, Le bout du monde II (La fine del mondo II), 1953, olio su tela. 

mercoledì 19 novembre 2025

Francesco Ciusa, un artista dimenticato (su Gli Stati Generali)

Scultore che giovanissimo ebbe un grande successo alla Biennale di Venezia del 1907, poi relegato ai confini della sua regione, la Sardegna. Una mostra a Nuoro intende riportare l'attenzione venuta meno.

Ne ho scritto su Gli Stati Generali, link all'articolo francesco-ciusa-artista-dimenticato/





 




 


 









sabato 11 ottobre 2025

A Francis Bacon




Volto indecifrabile e ribelle, 
inafferrabile e presente. 
È brama di amore. È frutto di dolore. 
Pensieri nell'ombra si agitano 
lasciando piccole tracce
e grandi passaggi. 
Osservatore instancabile, guarda
non visto. 
La gente cammina distratta dalla vita,
sorda, non saprà della magia. 
Scende la notte calma, 
e tu con lei. 

    ***


Immagine: Francis Bacon, Autoritratto, 1969. 

martedì 26 agosto 2025

Il manifesto di Duchamp contro il conformismo

 


Prima o poi capita a tutti di trovarsi in un importante museo o galleria di qualche città e farsi largo tra la folla per riuscire a vedere un'opera famosa, mentre le altre che gli stanno intorno, se si fa caso, vengono ignorate dai più. 

Marcel Duchamp (Blainville-Crevon, 1887 – Neuilly-sur-Seine, 1968) pittore e scultore francese naturalizzato americano, è considerato dalla critica uno degli artisti più influenti del XX secolo. Precursore dell’arte concettuale, faceva utilizzo di oggetti di uso comune scelti con cura – una fontana, una ruota di bicicletta, tra i più noti – che venivano decontestualizzati dandogli un’altra dimensione estetica, detti ready made, “oggetti già fatti”. A volte i ready made consistevano in reinterpretazioni di grandi capolavori del passato. Quella che fece nel 1919 della Gioconda di Leonardo da Vinci rientra fra i suoi lavori più celebri. Vi applicò dei baffi sul labbro superiore e un pizzetto e lo intitolò L.H.O.O.Q. il cui significato è dato dalle lettere che pronunciate in francese suonano in modo provocatorio Elle a chaud au cul, ovvero “Lei si concede facilmente”. Tale tecnica non fu l’unica che portò avanti, ma il senso era sempre quello di stimolare lo spettatore alla riflessione, ad andare oltre le apparenze, oltre le più facili omologazioni e non farsi attrarre dalla presunta realtà. Al contempo aprì la strada a una nuova idea di arte, un’arte che metteva in discussione se stessa, e di artisti.

L’opera in questione è ritenuta un manifesto contro il conformismo. Duchamp non voleva screditare il dipinto o l’autore, bensì denunciare l’atteggiamento di coloro che apprezzano l’arte solo perché la contemplano tutti in quanto bella e molto conosciuta. Come se a sorridere sotto quei baffi fosse lo stesso Leonardo.

Una riflessione piuttosto attuale in periodi di viaggi, vacanze e overtourism. Al Louvre ammiriamo spesso la “vera” Gioconda attraverso i display dei cellulari dei visitatori che abbiamo davanti, con la speranza che sappiano almeno cosa stanno guardando o perché sono lì e non altrove oppure al Museo Reina Sofía di Madrid, per citare solo alcuni fra i numerosi luoghi di interesse, dov’è esposto Guernica di Picasso, di fronte alla quale una muraglia umana è quotidianamente tenuta a distanza da paletti divisori con a lato un operatore pronto a evitare danni o avvicinamenti improvvidi nonostante i paletti, per poi magari offrire un veloce e distratto sguardo al resto degli affreschi presenti.

Invece la rivisitazione di Duchamp fa parte di una collezione privata statunitense.


(Anche su Gli Stati Generali, link all'articolo: il-manifesto-di-duchamp-contro-il-conformismo/)

 




 









venerdì 4 luglio 2025

L'uomo allo specchio


L'uomo che non conosciamo è seduto di fronte a uno specchio bordato d'argento. 

L'immagine riflessa fa da sfondo a un'apparente realtà. La gente intorno a lui si muove e intorno vaga, alla ricerca delle illusioni. Le forme sprofondano nella gelata atmosfera di parole mancate, di abbracci perduti, amori celati. 

Laggiù, la sua anima persa nel vuoto, 
anima di un viandante 
che trema di stanchezza nelle ore più buie.
Le luci della sera, ora, sono sempre più vicine. 
L'uomo in noi che non conosciamo, trova nell'indefinito
il suo mondo dipinto d'azzurro. 
Il dolore non sarà vano forse, 
o forse no, lo sarà.
L'uomo che non conosciamo, solo vede se stesso
solo nella luce febbrile di un cielo luminoso, e ci osserva beffardo.


*

Immagine: René Magritte, Il falso specchio, 1928.
                          

lunedì 9 giugno 2025

Invisibili sogni


Nessun luogo mi lega, e tutto mi lega. 
Desiderio senza fine, con un fine. 
Smanio per qualcosa che non so cosa sia nell'infinito accadere -
Vivo di sogni sognati e vedo ciò che non sento
Hanno chiuso le porte ma non ho chiavi, mi hanno vietato i banchetti. Hanno scoperchiato i tombini. 
Nella via ritrovata non c'è il numero. 
Mi sono svegliata nella stessa vita in cui mi ero addormentata e non l'ho più riconosciuta
I miei sogni si sono sentiti falsi per essere stati sognati. La vita desiderata mi raggela - persino la vita.
Comprendo a intervalli sconnessi; penso nella mente e scrivo. 
Il vento mi scaraventa su una spiaggia sconosciuta
Non so quale destino o quale futuro spetti alla mia incertezza senza direzione; 
Invisibile sogno. 
È nel profondo del mio spirito, dove sogno ciò che ho sognato, nei campi estremi dell'anima in cui rammento senza una causa, nelle strade lontane dove ho ipotizzato di essere, fuggono ormai smantellati gli ultimi rimasugli di illusioni perdute,
i miei eserciti sognanti, sconfitti in partenza. 
Un'altra volta ti rivedo, 
città lontana dell'infanzia, ancora una volta sono qui a sognare. Ma sono lo stessa che torna. La stessa che sono. 
Ti vedo orizzonte invisibile 
con il cuore distante da me
Un'altra volta ti rivedo e tutto passa e quanto più passa, resta. 
Errante dovunque vada, cammino, stancamente cammino 
Un'altra volta ti rivedo, ombra che passa fra altre ombre, e riluce un istante sotto le tenebre, ed entra come la scia di una nave che si perde nelle acque nere. 
Un'altra volta ti rivedo, città dei sogni. 
È in frantumi lo specchio magico in cui mi guardo, e in ogni frammento eterno vedo soltanto pezzi di me – pezzi di noi. 

                                      ***
 
Immagine: Salvador Dalí, L'uomo invisibile, 1929-32, Olio su tela, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid.

mercoledì 29 gennaio 2025

Scrivere poesie dopo l'indicibile. Paul Celan e Theodor W. Adorno nel saggio di Paola Gnani



Il saggio Scrivere poesie dopo Auschwitz (Giuntina, 2010) della germanista Paola Gnani ricostruisce ed esamina nel dettaglio il complesso legame intellettuale fra due grandi personalità del Novecento. La questione, interessante, nacque da una frase diventata celebre del filosofo tedesco di padre ebreo e madre cattolica Theodor W. Adorno (il cognome è quello materno, l'altro è solo abbreviato) che dichiarò nel testo Critica della cultura e della società del 1949: «Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro e ciò avvelena la stessa consapevolezza del perché è diventato impossibile scrivere oggi poesie».

Il ragionamento era piuttosto articolato, ma quando c'è un nucleo difficile da ridurre si semplifica in un concetto e infatti così accadde, come succede anche adesso quando si estrapola da un discorso. Intendeva porre il problema della possibilità di una forma di pensiero e del bello che produce, come fa la poesia, dopo gli orrori dell'Olocausto. 

Invece un poeta, Paul Celan, pseudonimo di Paul Antschel, nato in Romania nel 1920 da famiglia ebrea tedesca, era mosso dall'urgenza della sua arte. Sopravvisse ai lavori forzati mentre i genitori morirono in un lager. Per dare voce a tutti coloro che non avevano più voce utilizzava i versi, da lui considerati come un tributo alla verità. 

Il punto di vista del primo espresso quando ancora non aveva letto nulla del secondo (tanto è vero che dopo ne riconobbe il grande valore) li divise e al contempo unì senza mai parlarsi direttamente, se non a distanza. L'attenzione dell'uno nei confronti dell'altro continuò a sussistere, nonostante le divergenze di opinione e atteggiamento. Adorno mitigò la sua affermazione negli anni successivi ammettendo con rammarico che le sue parole erano state prese alla lettera, ma l'interrogativo sul destino dell'arte dopo quella che fu vista come una sentenza, da Celan in particolare, rimase a lungo e animò artisti e intellettuali dell'epoca. 

Paul Celan lottò con tutte le forze per vedere riconosciuta dignità alla propria opera. La vita oltretutto gli diede colpi durissimi - la morte prematura del primo figlio appena nato e una falsa accusa di plagio - e cadde negli abissi della malattia mentale. Nel 1970 all'età di 50 anni decise di lasciarsi andare per sempre nelle acque della Senna. Viveva infatti a Parigi, sebbene continuò a scrivere in lingua tedesca. 

Per ironia della sorte, Adorno fu vittima anch'egli di una campagna diffamatoria rivelatasi in seguito infondata che andò a minare le sue già precarie condizioni di salute. Morirà un anno prima del poeta. 

I titoli dei capitoli corrispondono ad alcune bellissime liriche di Celan e quelle rilevanti per l'argomento vengono spiegate dall'autrice. 



Paul Celan (foto di Gisèle Celan-Lestrange, S. Fischer Verlag GmbH)



Theodor W.Adorno (Halbportrait – 1964)


mercoledì 18 settembre 2024

Against all odds - Contro ogni previsione


Meglio non fare previsioni, si potrebbe sbagliare. Oppure no. Nonostante tutto, qualcosa si avvera. A dispetto della storia, delle circostanze, del destino che non lascia molte vie d'uscita. 

Una mostra temporanea che ho avuto modo di visitare, aperta fino all’8 dicembre 2024, porta il titolo di Against All Odds, Historical Women and New Algorithim. Ovvero: Contro ogni previsione – Donne storiche e nuovi algoritmi. Non era previsto che la vedessi, proprio perché temporanea. Anche questo è andato contro ogni previsione. Tuttavia, era prevista la mia visita nella città e nel museo che la ospita: Copenaghen e il museo è l’Smk, acronimo di Statens Museum for Kunst, la Galleria d’arte più importante della Danimarca, con un’ampia rassegna di arte danese e nordica, europea e internazionale. 

Oggetto della riflessione, far conoscere ventiquattro artiste, tutte donne, provenienti dall’area del Nord Europa che, contro ogni previsione, ebbero successo negli anni 1870-1910. Nonostante questo, molte furono ben presto dimenticate. Ragioni storiche e culturali, meno accesso all’arte rispetto ai colleghi maschi, meno opportunità espositive non hanno risparmiato i Paesi scandinavi. Anzi, le artiste dovettero spostarsi nel resto d’Europa creando un vero e proprio movimento transnazionale. L’allestimento è composto da dipinti e sculture e, nella parte conclusiva, da installazioni interattive dell'artista contemporanea panamense Itzel Yard, in arte IX Shells, al suo esordio in un grande palco, sull'intelligenza artificiale e come questa può essere utilizzata per la comunicazione e la comprensione degli eventi. Che il progresso è fra noi lo vediamo tutti i giorni dagli algoritmi. Ma gli algoritmi cambiano vorticosamente e l'intelligenza artificiale ha sfondato in breve tempo. Le opere come quelle esposte nella mostra propongono, oltre al "messaggio" da lasciare all'utente, anche un diverso modo di fruizione dell'arte. 

Siamo abituati ad ammirare paesaggi e ritratti realizzati da artisti uomini. La collezione dimostra che non è così o non è così che le cose dovevano andare, chi lo sa, ma da questo bisogna ri-partire. Dal passato, dal futuro già presente. 

Qui sotto alcuni scatti. 

Il ritratto del pittore Munch da giovane (1889) solo per fare qualche esempio, e l’autrice è la norvegese Asta Nøreggaard



Quest’altro invece è della finlandese Helene Schjerfbeck, "In cammino verso la chiesa", 1895-1900



Una scultura della danese Anne Marie Carl-Nielsen, "Testa di serpente", 1903-1905                                                              



Il grande pannello con le artiste e i loro    spostamenti. Dalla grafica emergono i  legami  e le interconnessioni. Vere e proprie onde di  energia e talento. 


   


IX Shells e la sua arte. 
(Foto tratta dal sito del museo)



L'atrio del museo








venerdì 28 giugno 2024

Sulle tracce di Montaigne

Ho approfittato del mio recente viaggio a Bordeaux per andare sulle tracce del grande filosofo Michel de Montaigne, che in questa città francese nacque il 28 febbraio 1533.
Conosciuto anche come raffinato aforista, il suo pensiero e la sua saggezza sono di grande attualità per ri-scoprire un nuovo umanesimo: la tolleranza verso le nostre fragili illusioni e debolezze per sopportare i dispiaceri della vita, rifiutare ogni tipo di crudeltà e sopraffazione, e accettare l'esistenza per raggiungere la felicità terrena. Il suo approccio era di stampo razionalista. Solo la ragione può cogliere la realtà e descriverla. L'uomo chiamato a riscoprire se stesso deve porsi continuamente domande. Non ci sono verità ultime per lui.

L'opera principale, che lo ha impegnato per tutta la vita, è costituita dai Saggi, Les Essais in francese. Il termine vuol dire sperimentazioni, ricerche, esperienze, in linea dunque col suo filosofare. Nella prefazione scrive: "Sono io stesso la materia del mio libro". Pubblicata in tre edizioni tra il 1580 e il 1588, analizza la condizione umana nella sua quotidianità. Nel 1580, durante un viaggio in Italia subisce l’azione della censura da parte della Corte pontificia. I Saggi, infatti, vengono accusati di promuovere l’ateismo, di essere licenziosi ed empi. Eliminati alcuni passaggi controversi e ripubblicati, vengono poi messi all'indice e proibiti definitivamente.

Tra il 1580 e il 1581, Montaigne è tra Francia, Germania, Svizzera e appunto l'Italia. Tiene un diario di questa lunga esperienza che viene però pubblicato solamente due secoli dopo. Il viaggio di Montaigne si interrompe a seguito della sua nomina a sindaco di Bordeaux. Dopo la scadenza del mandato e a causa di un’epidemia di peste, deve allontanarsi dalla città e va a vivere nel suo castello di Saint-Michel-de-Montaigne dove lavora a una ennesima versione dei Saggi. Muore nel medesimo castello il 13 settembre 1592.

Una copia dell'opera è conservata al Museo dell'Aquitania di Bordeaux.


Nella "Grands Hommes", zona signorile della città, con numerosi ristoranti e negozi di lusso, c'è la via a lui intitolata, insieme ad altri grandi personaggi della storia e dell'illuminismo francese. 

La statua invece si trova in Place des Quinconces, non distante dal monumento ai Girondini e dove si trova anche la statua di Montesquieu.


Elegante e quasi indolente, Bordeaux, multietnica e moderna, ricca di palazzi neoclassici e chiese gotiche, è la più protetta al mondo dall'Unesco. Chissà cosa direbbe di lei, oggi, e dei tempi contemporanei, Montaigne. Mentre io, sempre oggi e in queste poche righe, parlo di lui. 






mercoledì 9 novembre 2022

La fine di un'epoca in un murale

Dmitri Vrubel, pittore russo morto pochi mesi fa a causa delle complicanze da Covid, è entrato nella storia insieme a ciò che voleva rappresentare: la fine di un'epoca, quella che ha segnato la Germania (e i destini dell'Europa) dal periodo immediatamente precedente la fine della Seconda Guerra Mondiale quando Usa, Gran Bretagna e Unione Sovietica decisero che il Paese tedesco e Berlino sarebbero stati divisi, cosa che poi avvenne nel 1961, e il 9 Novembre 1989, anno della caduta del famoso Muro che separava appunto la città fra Est e Ovest. Lo scopo dell'accordo era impedire la libera circolazione di beni e persone fra le potenze occidentali e della Nato e quelle filosovietiche del Patto di Varsavia. Risultato della diffidenza e delle ostilità in atto fra i due blocchi vincitori del conflitto.

A oggi sono passati trentatré anni dalla caduta del Muro.

Ritornando a Vrubel, egli volle raffigurare un bacio realmente avvenuto nel 1979 per i trent'anni dalla nascita della Germania orientale fra due leader comunisti, Bréžnev, sovietico e Honecker, tedesco.

Il dipinto subì inizialmente dei danni ma il suo autore si rimise al lavoro ed è quello che si può ammirare adesso anche se (almeno quando l'ho visto io, nel 2017) sono state posizionate delle transenne per evitare ulteriori problemi.

L'opera ha un titolo piuttosto emblematico: "Mio Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale". Ma Dmitri Vrubel forse non immaginava che il dipinto realizzato all'indomani della caduta del muro di Berlino su un tracciato del muro stesso, sulla Mühlenstrasse, denominato East Side Gallery, sarebbe diventato un'icona con file di turisti e curiosi  per poter realizzare una foto (tra cui chi scrive ora).

Non c'è solo questo murale ma anche altri, nati dal desiderio di libertà e dalla voglia per tutti di lasciare alle spalle un triste passato, di guardare al futuro affinché certe cose non capitino più, senza tuttavia dimenticare. Anzi, proprio per non dimenticare. Un memoriale che vale davvero la pena di vedere dal vivo.







lunedì 31 ottobre 2022

"Teschio con sigaretta accesa", Vincent Van Gogh


Teschio con sigaretta accesa è una delle prime opere di Van Gogh, realizzata negli anni 1885-86. Sicuramente la più macabra ma anche la più ironica. Si ritiene che il pittore olandese abbia utilizzato come “modello” uno scheletro dell’aula di anatomia della scuola di belle arti che frequentava. 


Le interpretazioni sul dipinto però sono state le più disparate. Chi ha visto semplicemente una sfida verso le pratiche accademiche, chi invece una preoccupazione per le fragili condizioni di salute in cui versava già da giovane Van Gogh oppure ancora una sfida sarcastica rivolta alla morte. La propria, in particolare.

Il dipinto è conservato al Van Gogh Museum di Amsterdam. 

domenica 9 ottobre 2022

L'autunno nell'arte


Per il pittore danese Hans Andersen Brendekilde l'autunno è un sentiero silenzioso, fatto di attesa e contemplazione. I colori sono piuttosto vividi con il contrasto del nero per le persone presenti: la donna in primo piano e due uomini sullo sfondo.
(Un sentiero alberato in autunno, 1902).

giovedì 6 ottobre 2022

L'autunno nell'arte

 

L'autunno è forse fra le quattro stagioni quella più rappresentata dagli artisti delle varie epoche e movimenti. Ciascuno a proprio modo ha espresso questo periodo dell'anno che si contraddistingue per il cambiamento rispetto all'estate che lo precede e per i tipici colori caldi e aranciati. Autunno metafora di ricerca e introspezione.

Per John Atkinson Grimshaw (1836 – 1893) l'autunno è un pensiero a se stessi e al mondo.

("Rimpianti d’autunno", 1882)