«Perché scrivi? Io la guardo nei suoi occhi azzurri, poi guardo lo scrittore, dunque guardo di nuovo lei, quindi di nuovo lui, e lui, invece di venirmi in aiuto dice: già, volevo chiedertelo anch’io, ma visto che te l’ha chiesto lei… perché scrivi? Non solo non mi ha aiutato, penso, ma mi ha addirittura rifatto la domanda, e me l’ha rifatta in presenza della sua allieva che sta per essere pubblicata nell’antologia di under venticinque di Transeuropa che lui stesso cura insieme a Brizzi e alla Ballestra; allieva che lui stesso ha invitato, mettendomi in grandissimo imbarazzo, perché avendo letto le mie cose mi voleva conoscere, e me l’ha rifatta con la stessa serietà con cui un attimo prima mi era stata posta dall’under venticinque! Perché respirate? chiesi allo scrittore e alla sua allieva, nello studio dello scrittore. D’altronde non si può mica pretendere che uno risponda seriamente a una domanda del genere, pensavo aspettando l’ascensore. Gli ascensori non arrivano mai, e gli ascensori dell’ospedale arrivano anche più tardi degli altri» (Vitaliano Trevisan, “Un mondo meraviglioso”, Einaudi, 2003).