12 ottobre 2024

Tutta l'umanità del non-umano


 



«Sì, Flush era degno di Madamigella Barret; Madamigella Barret era degna di Flush. Il sacrificio era grave; ma doveva pur compiersi. Così fu che un bel giorno, con tutta probabilità ai primordi dell'estate del 1842, si poteva vedere una singolare coppia incamminarsi giù per Wimpole Street - una signora anziana piccoletta, rotondetta, dal lucido viso rubicondo e dai lucidi capelli d'argento, la quale vestiva dimesso e conduceva al guinzaglio un giovane Cocker Spaniel dal pelo dorato, tutto brio, tutto vivacità, e assai ben allevato. Giunti quasi in fondo alla via sostarono finalmente al n. 50. Non senza trepidazione, Madamigella Mitford tirò il campanello».

La citazione descrive la scena che prelude a un cambiamento di vita e di padrona per un cagnolino di nobili origini, razza cocker spaniel, protagonista di un breve testo che Virginia Woolf scrisse nel 1933: Flush. Biografia di un cane. Diverse le edizioni italiane. Qui è nella versione tradotta da Alessandra Scalero per La tartaruga, 2012.

Narrato dal punto di vista dell'animale la scrittrice inglese sonda in modo ironico e solo in apparenza leggero, le vicende personali della poetessa Elizabeth Barrett Browning. Costretta a casa per una malattia,  riceve una visita che cambierà le sorti di tutti.  Da quel momento si instaurerà un rapporto di simbiosi fra lei e il suo nuovo amico: Flush. La compagnia fedele del cane l'accompagnerà nei momenti allegri e spensierati e in quelli difficili. Dalla conoscenza e matrimonio (in gran segreto) col poeta Robert Browning, al viaggio in Italia tra Firenze e Pisa e la nascita di un figlio. 

Ponendosi nella prospettiva inedita non umana, Woolf mostra sentimenti umani. La devozione, la rabbia, la gelosia - quando Flush per esempio ritorna ad essere solo un cane in seguito all'amore della padrona verso l'uomo - e il lettore non può che venirne trascinato e coinvolto. La padrona invece, riuscirà ad affrontare una banda di malviventi che rapisce Flush a fini di estorsione. Un escomatage narrativo che mette in evidenza il contrasto tra le umide, buie vie della Londra vittoriana e le contraddizioni della stessa, con il sole delle due città d'arte italiane del viaggio. Viaggio inteso non solo in senso fisico ma anche dell'anima e dei sentimenti. 

L'idea del libro venne all'autrice, per sua stessa ammissione,  quando conobbe i dettagli della storia d'amore fra Elisabeth Barrett, di cui era fiera estimatrice, e Robert Browning, appunto, e ne rimase colpita. 

Virginia Woolf curiosamente amava identificarsi con varie specie animali e lo faceva spesso per comunicare con gli altri, per descrivere il suo essere ed esserci nel mondo e nelle cose. 

Flush è un'opera ingiustamente considerata fra le minori nella produzione woolfiana ma è difficile forse, per quello che oggi abbiamo, operare in termini di classificazione. In ogni caso, merita anch'essa la lettura. 





29 settembre 2024

La superficie

A scuola capitava che qualche insegnante, soprattutto d'italiano, portasse dei giornali per analizzarli insieme. Ricordo che la maestra delle elementari ci faceva ritagliare e incollare su appositi quadernoni le notizie sulla nostra città e lì, in quei quadernoni, sono rimaste. Ricordo anche che alcuni compagni un quotidiano non l'avevano mai visto. E mi stupivo di loro come loro si stupivano di me o di qualcun altro. A casa mia era impensabile non ascoltare il telegiornale all'ora di cena, per esempio, o avere almeno il quotidiano locale girare nelle stanze. Perché, tu guardi il telegiornale, mi disse una volta stupito un compagno. Non era nemmeno una domanda. Era una chiara affermazione, con uno sguardo che non faceva presagire nulla di buono, per me. La strana insomma ero io. 

Ora viviamo nell'informazione. Tutti ne abbiamo accesso. Si è sempre connessi, sappiamo o crediamo di sapere. Cose, persone, sembrano vicino ma non lo sono. Gli utenti dei social hanno sentimenti, esperienze, pregi, difetti, eppure anche no. Manca qualcosa. Quello di stamattina già non è più di stasera. Nemmeno noi. Fino a scomparire nel buio della notte. Niente si approfondisce. Tutto rimane in superficie.

La superficie è crosta sui muri, cade giù prima o poi, effimera, come il più facile degli intrattenimenti, come raggiungere la felicità a tutti i costi o un qualsiasi post. Pure questo. 

18 settembre 2024

Against all odds - Contro ogni previsione


Meglio non fare previsioni, si potrebbe sbagliare. Oppure no. Nonostante tutto, qualcosa si avvera. A dispetto della storia, delle circostanze, del destino che non lascia molte vie d'uscita. 

Una mostra temporanea che ho avuto modo di visitare, aperta fino all’8 dicembre 2024, porta il titolo di Against All Odds, Historical Women and New Algorithim. Ovvero: Contro ogni previsione – Donne storiche e nuovi algoritmi. Non era previsto che la vedessi, proprio perché temporanea. Anche questo è andato contro ogni previsione. Tuttavia, era prevista la mia visita nella città e nel museo che la ospita: Copenaghen e il museo è l’Smk, acronimo di Statens Museum for Kunst, la Galleria d’arte più importante della Danimarca, con un’ampia rassegna di arte danese e nordica, europea e internazionale. 

Oggetto della riflessione far conoscere ventiquattro artiste, tutte donne, provenienti dall’area del Nord Europa che, contro ogni previsione, ebbero successo negli anni 1870-1910. Nonostante questo, molte furono ben presto dimenticate. Ragioni storiche e culturali, meno accesso all’arte rispetto ai colleghi maschi, meno opportunità espositive non hanno risparmiato i Paesi scandinavi. Anzi, le artiste dovettero spostarsi nel resto d’Europa creando un vero e proprio movimento transnazionale. L’allestimento è composto da dipinti e sculture e, nella parte conclusiva, da installazioni interattive dell'artista contemporanea panamense Itzel Yard, in arte IX Shells, al suo esordio in un grande palco, sull'intelligenza artificiale e come questa può essere utilizzata per la comunicazione e la comprensione degli eventi. Che il progresso è fra noi lo vediamo tutti i giorni dagli algoritmi. Ma gli algoritmi cambiano vorticosamente e l'intelligenza artificiale ha sfondato in breve tempo. Le opere come quelle esposte nella mostra propongono, oltre al "messaggio" da lasciare all'utente, anche un diverso modo di fruizione dell'arte. 

Siamo abituati ad ammirare paesaggi e ritratti realizzati da artisti uomini. La collezione dimostra che non è così o non è così che le cose dovevano andare forse, ma bisogna ri-partire. Dal passato, dal futuro già presente. 

Qui sotto alcuni scatti. 

Il ritratto del pittore Munch da giovane (1889) solo per fare qualche esempio, e l’autrice è la norvegese Asta Nøreggaard



Quest’altro invece è della finlandese Helene Schjerfbeck, "In cammino verso la chiesa", 1895-1900



Una scultura della danese Anne Marie Carl-Nielsen, "Testa di serpente", 1903-1905                                                              



Il grande pannello con le artiste e i loro    spostamenti. Dalla grafica emergono i  legami  e le interconnessioni. Vere e proprie onde di  energia e talento. 


   


IX Shells e la sua arte. 
(Foto tratta dal sito del museo)



L'atrio del museo








15 settembre 2024

I diari di Sylvia Plath

 


I Diari di Sylvia Plath sono da leggere per la loro intensità, e per quello sguardo particolare sulle cose che va oltre le cose stesse. Così come i diari di Virginia Woolf, anch'essi pubblicati, o quelli di Cesare Pavese: tutti scrittori, fra l'altro, accomunati da una scelta estrema. È sufficiente la citazione qui sotto, che ricorda in un certo senso sia Woolf che Pavese con Il mestiere di vivere, per intuirne la potenza espressiva:

"Il mestiere di scrivere. Lo scrittore fabbrica illusioni per l'uomo comune - e si ammanta di mistero: a nessuno piace pensare che le proprie emozioni possano essere usate o suscitate da abili letterati di professione. A nessuno piace pensare: questo tizio è capace di guardarmi dentro e di frugarmi l'anima per far soldi. Così, quando gli chiedono come gli vengano le idee, lo scrittore risponde: «Mi sdraio sul divano e Dio mi parla. E' l'ispirazione». E fa contenti tutti". 

In Italia i Diari sono editi da Adelphi nella traduzione di Simona Fefè. Leggere diari, e scriverli anche, può aiutare l'introspezione, a guardarsi dentro con sincerità. A trovare risposte. Ad agire di scarto. Le linee temporali di Sylvia Plath ci conducono dove mai ti aspetteresti. Scrive pagine di resistenza e fatica. È fragile e tenace, malinconica e divertente. Una sensibilità fuori dal comune, la sua. Lirica anche quando descrive banali attività quotidiane. Una volta terminata la lettura vorresti soltanto averla di fronte, guardarla negli occhi, l'autrice di questo diario, e dopo abbracciarla. Ascoltare il silenzio insieme a lei. Poetessa e scrittrice che s'impegna, che studia, che lavora, ma anche donna che ama e vuole essere amata. Null'altro. E che vuole scrivere, e tanto. 

Nacque a Boston nel 1932. Anche lei, come Virginia Woolf e Cesare Pavese, ha scelto il suicidio per l'ultimo sentiero della vita. Dove c'è una fine però c'è un nuovo inizio. La immaginiamo, la immagino, nella quiete che desiderava e nell'arte che tanto amava, con alcune parole lasciate in un giorno in cui il freddo dell'inverno se n'era andato e una nuova stagione entrava:

"Con la mia ripresa e l'arrivo irruente e testardo della primavera sto vivendo la pace e la gioia profonda che non provavo più da quando ero piccolissima e sognavo poesie e favole in technicolor".



27 agosto 2024

Quella vita che è mestiere

 Non potevo, oggi, non ricordarlo. Dopotutto è a lui che devo il nome di questo blog: Cesare Pavese e al suo "Il Mestiere di vivere".

Il "Mestiere di Vivere" è tra le sue opere più conosciute e non è né un romanzo né una raccolta di poesie. E' il diario che lo scrittore ha tenuto tra il 1935 e il 1950 e interrotto nove giorni prima di decidere che nulla aveva più senso se non dandogli un senso preciso: la morte. Era il 27 agosto 1950. 

Il libro lo acquistai quasi alla cieca, per così dire. Lo vidi in vetrina in una libreria, a Cagliari, dove mi trovavo in vacanza dalla nonna materna. Mi colpii il titolo. Sapevo vagamente che era un diario. Anche io ne scrivevo e chissà pensavo fosse qualcosa di più alla mia portata. Erano gli anni Ottanta. Avevo quattordici anni. 

Leggendolo mi soffermavo per capire alcune frasi, ma a volte se non spesso, non capivo. L'ho riletto molti anni dopo trovando nelle pagine ormai ingiallite ancora più mistero e dolore. Un dolore lacerante e persino ironico.

Così quando due anni fa mi è venuto in mente di aprire un blog con l'intento di scrivere quello che non metto sui social, mi sono ripromessa che le prime parole che avrei visto un po' per caso un po' no, e a seconda dell'ispirazione e della frase,  avrebbero dato il nome al blog. E così è avvenuto: "Quest'oggi, niente". Non aveva forse altro da dire quel giorno, Cesare Pavese. Era il 25 aprile 1936, eppure qualcosa ha scritto lo stesso. Il diario come parte di se stessi. Imprescindibile e inscindibile dalla vita. 

Perché la vita è un mestiere, e mistero.





















16 agosto 2024

Dentro la scrittura di Stephen King

                               


"On writing", sottotitolo "Autobiografia di un mestiere", di Stephen King, pubblicato in America per la prima volta nel 2000 e l'anno successivo in Italia, con Sperling & Kupfer, tradotto da Tullio Dobner, non avrebbe bisogno di presentazioni talmente è noto o di ulteriori recensioni talmente ne sono state fatte. Eppure, se ne parla ancora. Perché certi libri rimangono, mentre altri si dimenticano. Chi pratica la scrittura, a qualunque titolo, dovrebbe leggerlo e ri-leggerlo. 
Non si tratta di un vero e proprio manuale di scrittura creativa, ma può essere usato come tale. È piuttosto la vita di chi si è avvicinato alla lettura e alla scrittura per alleviare i dolori della vita stessa. O meglio, come dice l'autore, "per rendere l'esistenza un posto più piacevole". Le sofferenze, fisiche e morali, e le gioie raccontate a cuore aperto ai lettori, senza perdere un istante di lucidità e consapevolezza. Il privato a servizio del pubblico. 
Il suo processo creativo è avvenuto, almeno all'inizio, più per imitazione che per creazione vera e propria. Le letture fatte dal piccolo Stephen infatti hanno agito nel suo animo per poi trasfigurarsi sulla carta. Come questo sia avvenuto o avvenga è un Mistero, con la M maiuscola. Potrà essere un ossimoro, ma lo si può affermare con sufficiente certezza. D'altro canto, è il mistero dell'arte. O c'è o non c'è. 

La seconda parte del libro è meno intimista ma non per questo meno privata. King esplora il significato dello scrivere, cosa fare per non cadere in banalità o sciatteria e cosa e come leggere, ovvero "centellinando e non solo a lunghe sorsate" .
I consigli elargiti sono numerosi e pratici, dai dialoghi all'uso degli avverbi, e non solo. La regola, ora un mantra per molti, nonché la più semplice è, e resta, sempre la stessa: scrivere molto e leggere altrettanto. 
Le regole vanno imparate perché la scrittura ha le proprie e la grammatica è la prima fra queste, definita con una splendida metafora "il bastone al quale aggrapparvi per rimettere in piedi i vostri pensieri e farli camminare". 
Stephan-narratore sa bene cosa vuol dire avere padronanza delle proprie capacità e dei propri mezzi proprio per aver prima imparato le regole. Dopotutto, per sovvertirle nel modo giusto bisogna conoscerle. 

<<Il fulcro qui è: «Se non è certo di fare bene». Se non avete una conoscenza rudimentale di come le parti del discorso si fondano in frasi coerenti, come potete essere certi di fare bene? Come, se è per questo, stabilire che state facendo male? La risposta, naturalmente, è che non potete>>.

A colpire, in questa autobiografia che abbraccia diversi generi letterari (benché lui preferisca parlare, forse con una punta di ironia, di curriculum vitae) -  è la condivisione. Stephen King diventa noi e noi ci rivediamo in lui. Coloro che leggono, coloro che anche scrivono hanno la propria esperienza di studio e formazione alle spalle, questo è ovvio. Tuttavia, poiché entrambe sono attività solitarie e allo stesso tempo di comunicazione verso l'esterno - ed è sufficiente sperimentarlo in un gruppo di lettura o soltanto parlare a un amico di un libro che si è letto, a un altro quindi all'infuori di noi - ci ritroviamo in quanto King dice, anche se la nostra indole, il nostro vissuto, sono nei fatti diversi dal suo. Pur se, molto probabilmente, non saremo mai "un King". 

Il romanzo della vita non è in fondo una vita per il romanzo? 




Stephen King, foto tratta dl sito ufficiale dell'autore stephenking.com




31 luglio 2024

"Impunità di gregge. Sesso, bugie e omertà nel mondo dello sport" di Daniela Simonetti

 Talvolta, dietro alcune immagini di vittorie e sconfitte degli sportivi c'è dell'altro. Per fare un esempio su tutti, la campionessa americana di ginnastica artistica Simone Biles, grande protagonista delle Olimpiadi di questi giorni a Parigi, è stata fra quelle atlete che coraggiosamente hanno alzato il velo sul fenomeno degli abusi nel mondo dello sport, in particolare nel suo caso, della ginnastica. Nel link sotto riporto la mia recensione del 2021 al saggio-inchiesta della giornalista Daniela Simonetti, "Impunità di gregge. Sesso, bugie e omertà nel mondo dello sport", edito da Chiarelettere. Per capire, per sapere. 





© artisticco, stock.adobe.com

13 luglio 2024

"L'estate delle carogne" di Simon Johannin (su Sololibri)

Ho parlato oggi su SoloLibri del romanzo d'esordio di Simon Johannin, "L'estate delle carogne", vincitore del Gran Prix 2017 nella traduzione di Valentina Maini, Alter Ego Edizioni. Questo il link della recensione:

www.sololibri.net/L-estate-delle-carogne-Simon-Johannin.







8 luglio 2024

Chicco di caffè

La mamma mi diceva quando ero bambino: sei il mio chicco di caffè. Mi piaceva sentirmi chiamare così e anche se conoscevo la storia a memoria me la facevo ripetere prima di addormentarmi. Non sempre però, ma solo quando la nonna era andata via e lei non era rientrata troppo tardi dal suo turno all’ospedale.

Una mattina, diceva la mamma sedendosi al bordo del mio letto, ho provato una irrefrenabile voglia di caffè. In casa non ne avevo perché non mi piaceva. Sono uscita di fretta per andare al bar sotto casa dimenticando di cambiarmi. Indossavo una tuta e le pantofole e avevo i capelli in disordine. C’era molta gente al banco e mi sono fatta largo. Tutti mi hanno guardato il pancione, anzi solo quello. Quando hai il pancione nessuno protesta e ti sorridono sempre. Ho alzato la mano come una scolaretta e ho detto al barista, un caffè lungo per favore! Mentre lo preparava osservavo i suoi gesti e nell’attesa mi toccavo il collo. Lui intanto ha messo il piattino sul banco e dopo pochi minuti la tazzina col caffè. Ho aggiunto lo zucchero e infine l’ho sorseggiato lentamente e mi è piaciuto. Non era poi così male. Ho pagato e sono rientrata a casa. Mi sono stesa sul divano e ho contato i giorni che ancora mi separavano da te. Saremo felici insieme, io e lui, mi sono detta, cioè io e te. Saremo felici.

Così finiva il racconto della mamma, e diceva due volte saremo felici. E due volte lo siamo stati, infatti.

Ho una macchia scura sul collo, grande quanto un chicco. Quindi piccola. Non ci sono risposte sul perché io abbia una macchia sul collo che sembra un chicco di caffè. Non so nemmeno se perché, come dicono, la mamma quel giorno ha avuto voglia di caffè e si è toccata il collo. Ma quando lo sfioro penso a lei, mi sembra di sentire la sua voce e ora racconto la storia del chicco di caffè ai miei figli.


4 luglio 2024

I sogni sono desideri?

La scorsa notte ho sognato nonna Checca. La chiamavo così anche se non era nonna in senso legale, per così dire. Francesca il nome, ma lo storpiavo io, bambina. Era la dirimpettaia del palazzo dove vivevo da piccola a Novara e non dico che mi abbia cresciuta, ma quasi, insieme al nonno Andrea, il marito. Erano una coppia di anziani molto signorili, entrambi piemontesi, e ho trascorso a casa loro ore giorni mesi della mia infanzia. Sognare nonna Checca e ricordare di averla sognata mi ha fatto pensare alla mia nonna materna, quella vera, che era sarda, quando mi diceva che sognare un morto porta il vivo. Cioè porta notizie o novità, per brutte o belle che siano. Mi è capitato altre volte di sognare un defunto e non sempre mi arrivavano notizie o novità, brutte o belle che fossero. Insomma, tutto ciò mi ha fatto pensare a quel palazzo dove abitavo. E da quel pensiero me n'è venuto in mente un altro, come per associazione: nel quartiere dove abito a circa mille chilometri da lì, c'è un palazzo che me lo ricorda. Chissà, forse la mia mania dei palazzi è nata così oppure c'è sempre stata, perché ammirare i palazzi delle città, le loro facciate, le finestre, i balconi, mi fa pensare alla vita quotidiana e pensare alla vita quotidiana mi riporta all'essenza reale della vita. Fatta di piccole cose più che delle grandi. Senza scossosi e al netto dei giorni eccezionali. Farò una foto al palazzo come faccio sempre quando uno desta la mia curiosità e le notizie non è detto che arrivino. I sogni sono sogni, ma possono essere realtà e la realtà sta dentro una foto o dentro una parola scritta. 
Sotto, i sogni. Ancora più sotto il palazzo a circa mille chilometri da lì.