martedì 7 maggio 2024

Requiem K 626 (Un mio racconto pubblicato il 13 febbraio 2022 sul blog Chi ha paura della pagina bianca)

Non ho più ripreso, penso mentre Cri si prepara. Non so nemmeno se mi manca, la musica. Non so più niente. Vorrei, giuro che vorrei ma non riesco, come se una forza più forte di me mi prendesse per mano e mi trascinasse via. Non ho voglia di riprendere a suonare. Non me la sento. Mi spiace, caro Mozart. Mio adorato.

Ha la camicia azzurro cielo, senza cravatta, i pantaloni blu; porta la giacca di lino dello stesso colore sul braccio. Ho sentito che prima mi ha cercata in sala, mi vede e dice: «Cassandra, tesoro, allora vado, esci, mi raccomando. Non so quando finisco ma farò il possibile per non tornare tardi, te lo prometto». Viene verso di me e mi bacia sulla fronte. Sulla fronte. Io odio i baci sulla fronte. Sa che li odio, eppure me l’ha dato ugualmente. Non sono mica malata, è solo un periodo, così ha detto papà.  Mi saluta di nuovo perché non ho risposto dopo il suo bacio sulla fronte, e allora dico: «Ciao, Cristian, ciao». Chiude la porta e se ne va. Lo vedo, si infila in macchina e mi sembra contento di salirci. Dall’andatura. La macchina ha i vetri oscurati. Non si vede nulla dentro, non vedo niente. Che ne so chi c’è dentro. È tutto così scuro. La berlina si muove. Le ruote scricchiolano su un leggero strato di ghiaietta. Sto alla finestra un altro po’. Oggi saremmo dovuti andare al lago, una gita tutta organizzata da me, finalmente c’ero riuscita. Deve vedere l’assessore, anche se è domenica. Non può rinviare perché in settimana l’assessore ha gli impegni politici, e lui ha i suoi, e loro devono discutere di cose urgenti, estremamente urgenti che io non capirei. Sono cose che non puoi capire, mi ha detto. Al che io ho ribattuto che avrei capito se soltanto me le avesse spiegate. 

«Lo sai che il mio è un lavoro importante e delicato, non dovremmo nemmeno discuterne».

«Sì, ma allora la questione non è che io non capisco».

«Be’ sì, cioè no, non volevo dire che tu non capisci nel senso reale del termine, volevo dire che sono questioni di lavoro di cui non posso parlarti. E dai, su. Oggi puoi fare una bella passeggiata al Sempione. Dai che fra meno di un mese facciamo quel viaggio, non sei contenta?». Cri, ma chi lo vuole fare quel viaggio? Ho pensato. Dubai, e mi sento male. Non gliel’ho detto. Ho iniziato a sentire un groppo in gola e un nodo attorcigliato al posto dello stomaco. Si è girato per dirigersi verso la cabina armadio. Inizialmente l’ho seguito, poi ho indietreggiato e sono andata in bagno. Il Lexotan è lì. Poi corridoio, cucina, di nuovo corridoio, bagno, perché ho sbagliato, il Prozac di mattina, il Lexotan di sera. Tanto non ci sei mai, pensavo mentre andavo e tornavo, e per una volta, una volta che sono riuscita a organizzare tutto io, una cosa voluta da me, io e lui soli – sono riuscita a chiamare anche il ristorante per prenotare, che non sai che fatica ho fatto – ecco che è andato tutto male, e sono pure senza Marisa perché ha il giorno di riposo. Non dovrei stupirmi. Funziona così, a me va sempre tutto male. E anche quando provo a far andare bene le cose mi vanno male. Devo parlarti, Cri. È importante anche questo, Cri. Ma che glielo dico a fare, penso, tanto è sempre impegnato.

Milano è quasi deserta in questo periodo, e quando è così deserta anche il palazzo è deserto e ho paura. La Daniela è in montagna e la Letizia ha l’aereo per Londra. Le uniche vere amiche che ho. Le altre sono false, come questo mondo. C’è caldo e andare in giro in città è terribile. E poi non mi piace andare al parco da sola. E comunque non ne ho voglia. Avevo voglia di andare al lago. Ero riuscita a telefonare io al Momi affinché ci riservasse i posti migliori. C’ho impiegato due giorni prima di decidermi. Mi tremavano le mani. La mia mamma c’è nata, in quell’aria delicata del lago e il lago mi rasserena.

Avantieri, o ieri, quando esattamente non lo ricordo, mi ha detto: «Da quando è successo il fatto – il fatto, lo chiama lui – non hai ripreso ancora il lavoro». «Non me la sento, Cri, non me la sento», ho risposto. Non sono riuscita a dirgli altro. E mi ha guardata, dallo specchio, un sospiro e ha proseguito nella rasatura. Sono tornata a letto. Quando ha finito di farsi la barba ha aggiunto: «Cassy, cerchiamo di essere ottimisti, ok? Andrà tutto bene». Ero già a letto ma l’ho sentito lo stesso perché ha alzato la voce per dirlo. Io ero già nel mondo dei sogni. Sogno il mio piccolino; almeno lì nei sogni c’è. Non è un fatto come lo chiami tu, Cri. Non ho da dire alcun addio. Non è come la mia mamma, a lei ho detto addio perché c’è stata in questo mondo. È diverso. Non lo capisci nemmeno tu, Cri. Ce ne stiamo in veranda tranquilli io e il mio piccolino e poi ce ne andiamo in giro, eh, che dici Luchi? Però quando è più fresco ce ne andiamo al parco, che anche se la città è semideserta al parco ci sono gli altri bambini e le altre mamme e si sta bene. Starò con loro. La mia vita è lui e lui ha bisogno di me, solo di me, non ha bisogno di altri, ha bisogno della sua mamma perché la sua vita è la sua mamma e lui è la vita per la sua mamma. Mi sono sempre piaciuti i nomi maschili che finiscono con la esse, penso nel sogno. Ero indecisa con Thomas. Poi ha vinto Lucas. Quando mi risveglio sto male. 

Ho rabbia dentro, Cri, che non so come spiegarti da dove viene. Avevo voglia di dirti anche questo, proprio così come l’ho pensato ora. Avrei parlato, sono sicura che lì ci sarei riuscita. In questa casa c’è rabbia e non riesco. In questa casa c’è veleno come quello che ingurgito. In questa casa mi sono sentita male, quel giorno. In questa casa sono stata cattiva, quel giorno. Chissà quando sarà, non ho voglia di pensare a un’altra occasione, adesso. Scricchiolo come la ghiaietta che ha scricchiolato quando ero alla finestra e ti ho visto salire su quella macchina. Ecco cosa sono, forse sono quella ghiaietta. Fammi sognare ancora, Cri. Fatemi sognare ancora.


domenica 17 dicembre 2023

Senza titolo

Cedi le redini, fai errori, non fuggire da te. Riversa in massa. Dai scossoni. Lascia andare la rabbia, l'amore, l'ironia della vita, nella vita. 
Osa. 

mercoledì 6 dicembre 2023

I fiori recisi di Vitaliano Trevisan

Libro di Vitaliano Trevisan del 2010. Lo leggo solo ora, e con questo completo la sua produzione narrativa.
Nessun commento, solo silenzio, come avrebbe voluto, penso. 
 

Paul Celan e Ingeborg Bachmann

Attendere: anche questo ho considerato. Ma non significherebbe anche attendere che la vita in qualche modo venga verso di noi? E la vita non ci viene incontro, Ingeborg, attendere che ciò accada sarebbe per noi il modo meno adatto di esserci. 

Paul Celan in una lettera a Ingeborg Bachmann 

sabato 21 gennaio 2023

L'inverno per Monet


Un paesaggio solitario, un villaggio umile e un calesse che percorre la strada innevata. Il bianco padroneggia e le persone stanno al centro dell'immagine, ma sullo sfondo. Un dipinto semplice solo all'apparenza ma di grande impatto visivo con l'utilizzo di toni sia caldi che freddi.

Claude Monet, Il calesse. Strada coperta di neve a Honfleur, 1867 circa, olio su tela, 65 x 92,5 cm. Parigi, museé d’Orsay

martedì 29 novembre 2022

Le lezioni di Saramago (su SoloLibri.net)


Sulla scia delle "Lezioni Americane" di Italo Calvino, sono stati pubblicati per la prima volta nel nostro Paese gli interventi che lo scrittore portoghese  José Saramago tenne presso Università e istituzioni italiane. Ne ho parlato per Sololibri.net. Qui di seguito il link al sito:


mercoledì 9 novembre 2022

La fine di un'epoca in un murale

Dmitri Vrubel, pittore russo morto pochi mesi fa a causa delle complicanze da Covid, è entrato nella storia insieme a ciò che voleva rappresentare: la fine di un'epoca, quella che ha segnato la Germania (e i destini dell'Europa) dal periodo immediatamente precedente la fine della Seconda Guerra Mondiale quando Usa, Gran Bretagna e Unione Sovietica decisero che il Paese tedesco e Berlino sarebbero stati divisi, cosa che poi avvenne nel 1961, e il 9 Novembre 1989, anno della caduta del famoso Muro che separava appunto la città fra Est e Ovest. Lo scopo dell'accordo era impedire la libera circolazione di beni e persone fra le potenze occidentali e della Nato e quelle filosovietiche del Patto di Varsavia. Risultato della diffidenza e delle ostilità in atto fra i due blocchi vincitori del conflitto.

A oggi sono passati trentatré anni dalla caduta del Muro.

Ritornando a Vrubel, egli volle raffigurare un bacio realmente avvenuto nel 1979 per i trent'anni dalla nascita della Germania orientale fra due leader comunisti, Bréžnev, sovietico e Honecker, tedesco.

Il dipinto subì inizialmente dei danni ma il suo autore si rimise al lavoro ed è quello che si può ammirare adesso anche se (almeno quando l'ho visto io, nel 2017) sono state posizionate delle transenne per evitare ulteriori problemi.

L'opera ha un titolo piuttosto emblematico: "Mio Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale". Ma Dmitri Vrubel forse non immaginava che il dipinto realizzato all'indomani della caduta del muro di Berlino su un tracciato del muro stesso, sulla Mühlenstrasse, denominato East Side Gallery, sarebbe diventato un'icona con file di turisti e curiosi  per poter realizzare una foto (tra cui chi scrive ora).

Non c'è solo questo murale ma anche altri, nati dal desiderio di libertà e dalla voglia per tutti di lasciare alle spalle un triste passato, di guardare al futuro affinché certe cose non capitino più, senza tuttavia dimenticare. Anzi, proprio per non dimenticare. Un memoriale che vale davvero la pena di vedere dal vivo.







lunedì 31 ottobre 2022

Il nome del blog. Perché "Quest'oggi, niente"

Cesare Pavese, nel suo diario pubblicato col titolo Il mestiere di vivere, nella giornata del 25 aprile 1936 annotava: Quest'oggi, niente. Il diario visto dunque come qualcosa di inscindibile dalla vita di chi lo scrive, anche quando non si ha qualcosa da scrivere. Quella vita intima e letteraria che per Pavese era un mestiere.

Da qui il nome di questo blog personale. Dove il niente è tutto. Perché il niente, in un'esistenza, non esiste.





Il nome del blog. Perché “Quest'oggi, niente”

Cesare Pavese, nel suo diario pubblicato col titolo Il mestiere di vivere, nella giornata del 25 aprile 1936 annotava: Quest'oggi, niente. Il diario visto dunque come qualcosa di inscindibile dalla vita di chi lo scrive, anche quando non si ha qualcosa da scrivere. Quella vita intima e letteraria che per Pavese era un mestiere. 

Da qui il nome di questo blog personale. Dove il niente è tutto. Perché il niente, in un'esistenza, non esiste.




                    

"Teschio con sigaretta accesa", Vincent Van Gogh


"Teschio con sigaretta accesa" è una delle prime opere di Van Gogh, realizzata negli anni 1885-86. Sicuramente la più macabra ma anche la più ironica. Si ritiene che il pittore olandese abbia utilizzato come “modello” uno scheletro dell’aula di anatomia della scuola di belle arti che frequentava. 


Le interpretazioni sul dipinto però sono state le più disparate. Chi ha visto semplicemente una sfida verso le pratiche accademiche, chi invece una preoccupazione per le fragili condizioni di salute in cui versava già da giovane Van Gogh oppure ancora una sfida sarcastica rivolta alla morte. La propria, in particolare.

Il dipinto è conservato al Van Gogh Museum di Amsterdam. 

sabato 29 ottobre 2022

I racconti di Amélie Nothomb (su SoloLibri)


Ho scritto su SoloLibri.net di una raccolta di racconti molto particolare.
Qui di seguito il link al sito.

 
   Amélie Nothomb

mercoledì 19 ottobre 2022

I Black Tulips di Vitaliano Trevisan (su Sololibri)

Ho parlato su SoloLibri.net del libro uscito postumo dello scrittore e drammaturgo Vitaliano Trevisan, scomparso nel mese di gennaio di quest'anno. "Black Tulips", pubblicato da Einaudi.

https://www.sololibri.net/Black-Tulips-di-Vitaliano-Trevisan.html 





lunedì 10 ottobre 2022

Ha ancora senso parlare di vita discreta?

Ha ancora un senso nell'epoca in cui viviamo, fatta di iper connessione e di conseguenza una certa sovra esposizione mediatica, parlare di concetti come discrezione, farsi da parte, osservare, stare dentro le cose, senza essere osservati? Sembra un compito arduo. Ma basta leggere un saggio uscito nel 2015 dal titolo "L’arte di scomparire – Vivere con discrezione", pubblicato da il Saggiatore, per ricredersi. Adesso sembrerebbe quasi impossibile rispondere alla domanda, visto che sono passati già sette anni dall'uscita. A scriverlo è stato un filosofo francese, Pierre Zaoui.

Qui sotto riporto uno stralcio di un paragrafo del testo, che parla di «Felicità per sottrazione», utile per capire cosa intende l'autore per "arte di vivere con discrezione". Ancora più sotto la copertina del libro.


«A grandi linee, potremmo dire che oggi esistono due modelli dominanti di felicità. Da una parte, il modello cumulativo, ultramaggioritario nel sistema capitalista, che situa la felicità nell’avere,essendo l’apparire stesso ridotto a una forma dell’avere (avere un capitale sociale…). Essere felice significa avere: soldi, belle macchine, donne,uomini, gloria, potere. Dall’altra, il modello filosofico, che va fortunatamente ben oltre i soli filosofi di professione, e che situa la felicità nell’essere – accumulare falsi beni non serve a nulla, è sufficiente imparare a essere: saggi,prudenti, temperanti ecc».

Dunque, cosa significa? Che essere distaccati da tutto spesso è la felicità. Dobbiamo dunque concepire un terzo tipo di felicità, che non poggerebbe né sul possesso e la soddisfazione dei beni esteriori, né sul possesso e la soddisfazione di sé, il godimento di diventare saggi o anche semplicemente di diventare chi si è, ma sul distacco simultaneo da sé e dalle cose.

Una felicità simile, potremmo chiamarla «felicità per sottrazione» dice l'autore. Sottrarsi ai vani giochi delle immagini di sé e delle ambizioni personali; sottrarsi alle cose che si posseggono come a quelle che non si posseggono; sottrarsi alla paura di perdere come alla paura di non aver più nulla da perdere – di essere senza mancanza, senza vuoto, senza movimento, morti. Perché, certo, una simile felicità istintivamente fa un po’ paura, sembra del tutto prossima al fantasma dell’abbandono o alla rinuncia nichilista. 

In questa prospettiva, certo, non è più possibile concepire una felicità eterna, definitiva, sicura. E non si può neppure considerare la felicità come il fine supremo dell’esistenza.

Allora l'altro nome è disponibilità. Essere discreti non significa abbandonare il mondo e gli altri per una vita interiore più profonda, ma significa al contrario essere disponibili nei confronti di tutto ciò che di buono o di cattivo può accadere intorno a noi. La disponibilità è fatta per abdicare di continuo a se stessa, ma sempre momentaneamente.

Una lettura un po' zen, per così dire, ma non per questo meno attuale. 





domenica 9 ottobre 2022

L'autunno nell'arte


Per il pittore danese Hans Andersen Brendekilde l'autunno è un sentiero silenzioso, fatto di attesa e contemplazione. I colori sono piuttosto vividi con il contrasto del nero per le persone presenti: la donna in primo piano e due uomini sullo sfondo.
(Un sentiero alberato in autunno, 1902).

sabato 8 ottobre 2022

Alla città della mia infanzia

"Non aveva segreti per me la mia città. Fosse o lieta o alcuna ombra la oscurasse, ero abituato a compatire i suoi umori, a spartire i suoi sentimenti più celati, a seguirne le rimutazioni tanto sulla faccia che guardava il mare, quanto su quella che guardava la montagna. Era un affetto il mio ben più intimo e geloso, di quello che le cose inanimate o credute tali sogliono ispirare: misteriosa mistione di amore e di dubbio, insaziabile bisogno di fedeltà".

Tratto da "Alla città della mia infanzia, dico", racconto di Alberto Savinio, contenuto nella raccolta Casa «la Vita», Adelphi, 1988.


Alberto Savinio, raffinato scrittore e pittore, pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico (Atene, 1891 – Roma, 1952) fratello del più noto pittore Giorgio de Chirico, ha espresso alla perfezione quello che provo per la mia città e in generale quello che proviamo un po' tutti verso il luogo di nascita o dove sono le nostre radici, simboli di appartenenza. Essere di casa infatti si dice quando siamo a nostro agio in un posto. Città-casa, simbolo di vita ma anche di morte, di mistero, di amore e odio. La casa è il luogo per eccellenza di tutto questo. Con il carico che porta dietro (e dentro, appunto). Costruire delle fondamenta e tenerle ben salde diventa con Savinio principio universale.



In foto, una veduta aerea di Novara, la mia città di nascita.